Pu-Ti-Pú

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Membranofono a frizione, con bacchetta legata in cima (231-2-91). Probabilmente la prima menzione in Italia di questo tipo di membranofono si trova nel Gabinetto armonico (1716-23) del gesuita Filippo Bonanni. L’autore si riferisce ad esso come strumento nelle Vendemmie. La stampa che accompagna il testo illustra la sua struttura e il modo di esecuzione. Trascorsi più di duecentocinquanta anni, i dati forniti da Bonanni si mantengono vigenti. In alcune región della sua attuale distribuzione geografica — zona meridionale Della penisola — il tamburo a sfregamento resta ancora associato a cerimonie agricole. La cassa di risonanza continua in proporzione ad un recipiente di terracotta o legno, sebbene in generale oggi è sostituito da latta da conserva. La membrana di cuoio o vescica può essere sostituita occasionalmente da una grossa tela. La punta di una verga di canna attraversa il centro della membrana e si tiene ferma sul rovescio con un inserto incrociato. L’ultimo passo nella costruzione consiste nel fissare e tendere la membrana sulla bocca del recipiente mediante una legatura di corda. A volte si nasconde questa legatura coprendola con una fascia di legno. Il pu-ti-pù o caccavella, — denominazioni impiegate nella regione Della Campania —, realizza il basso ritmico nella banda popolare omonima. Il suonatore sostiene lo strumento al livello del petto con una mano. L’altra, previamente inumidita, friziona la canna mediante un movimento di oscillazione. Un bimbo si mette al suo fianco con uno straccio e una bottiglia con acqua per provvedergli l’umettazione necessaria, h. 84,5 (20,5 + 64) x 0 23 cm. Donazione, Società Cooperativa «Lavori in Corso», 1989. IM 715.