Zummara Sittawiyya

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Clarinetto doppio (422.22). La sua origine tipologica si può ricercare fino al memet dell’antico Egitto, documentato per prima volta verso l’anno 2700 a.C. Fu legato alla musica folklorica a partire dal Nuevo Impero, àmbito nel quale si stabilirono i suoi discendenti. Attualmente si trovano sparsi in numerosi paesi del mondo arabo sotto differenti nomi secondo il posto e le varianti della costruzione. Fondamentalmente la zummara consiste in due canne cilindriche, parallele, di una o due sezioni, in generale della medesima lunghezza. Entrambe rimangono unite per mezzo di un filo, cera e catrame. Il numero di fori per le dita, anteriori ed equidistanti, oscilla tra quattro (rab’awiyya) e sei (sittawiyya) paia, che si vanno otturando simultaneamente con le falangi. Esistono tuttora alcuni modelli in cui uno dei tubi non è perforato, motivo per cui emette solamente una nota pedale. Le ance battenti, intagliate nelle pareti di altrettante canne, hanno un taglio leggermente disuguale. Ciò produce una leggera differenza tra la frequenza dei tubi, causa del tono tremulo che lo caratterizza.
Durante l’esecuzione le ance si collocano nella totalità dentro la bocca, la respirazione si produce attraverso il naso, mentre la cavità boccale mantiene costante il volume dell’aria e permette un suono continuo. La zummara è uno strumento solista e pastorale, sebbene si ritrovi anche nelle feste popolari. In quest’ultimo caso è accompagnata da un membranofono con corpo a forma di calice. Lung. 43 x 0 di ciascuno tubo 1,8 cm. Donazione, Collezione Dott. Emilio Azzarini, 1964. IM 214.